lunedì 26 agosto 2013

La Caduta

Camminare sotto la pioggia. Ecco che l'animo si schiude.
Passeggiare, lentamente,
muoversi,
assaporando ogni goccia,
lasciandola scorrere,
gustandone ogni sorso attraverso il proprio corpo.
Sentire
come l'acqua lo attraversi,
poggiandosi sui pori,
invadendoli, scivolandovi,
quietando la loro sete.
E poi chiudere gli occhi,
immolandosi,
distesi, nel camminare in un giardino dall'abito ducale;
assaporarne ivi il suono, e l'evolversi d'ogni passo,
favolistico,
meravigliato, da ogni centimetro che si tinge nel percorso.
E' il rumore della pioggia,
scrosciante, babelico,
non lascia spazio ad onda alcuna circostante.

Chiudo gli occhi adesso.
Le immagini scorrono, cambiano, si alternano,
non si arrestano.
Come tragiche diapositive si susseguono l'un l'altra,
in un automatismo unico e inesorabile
che non lascia la visione ad altra forma alcuna.
Qui si formano chine scoscese, percorsi impraticabili
per l'aspergersi dell'acqua dai bordi della strada.
Seguono, eleganti come cigni, gli aironi in discesa,
sulle acque candide ed evanescenti, in cerca di riparo.
Pallide, impassibili, apatiche, si snodano sui volti, le espressioni
di chi si annulla per diletto, di chi si cimenta per gioco,
donando a chi s'unisce al commediante, una ristrettezza d'animo assai marcata.
Coronati dalle bellezze, fatte dei corpi dei tempi andati,
i viali si dichiarano misteriosi ed impervi,
a chi giace in attesa, tra voluttuose effusioni,
d'immergersi ed in essi avventurarsi.
Retoriche sculture accompagnano la via
verso caverne ammaestrate,
il cui intimo è, di volti e posture, già abbondantemente appezzato.

Apro gli occhi adesso.
Il mio risveglio è un orrore
in cui calza un'oppressione assai spossante.
Guardare dentro
è cosa di immane coraggio,
l'anima è fusa dal tepore urticante
di questo gelido incanto.
Quasi fosse un sogno,
la veglia è carne cruda,
marcia e nauseabonda,
rimembra i dolori più prossimi
a colui che ora si desta.
Scrutando più a fondo,
la ricerca è di un barlume,
come in un pozzo,
dove del più nero si scorge il luccichio.
La brama lucente
dà la forza e l'ardore
di fiondare l'oscuro;
ma la ricerca poi s'arresta,
e lascia soltanto un senso di terrore;
è una carcerazione di cui l'animo
è fatalmente certo.

Lo sguardo investe l'inevitabile.
I suoi occhi non mentono,
d'atroce verità castigano.
Accecano la vista
e costringono le pupille dilatate
alla visione esasperante di quell'immagine
che darà cura all'erigersi della propria croce.
Nulla è più com'era dovuto.
Nulla tiene la sicurezza di un tempo.
La solitudine, d'un futuro disperso,
accompagna adesso l'orda di terrore
che sevizia il povero corpo.
La dipendenza, da un pubblico di burattini,
dona il fascino ed il dovuto lustro
all'opera mai compiuta.
La perdita, di quel calore,
di un regno che, oramai,
di liquami d'odio e disprezzo
accresce le proprie acque.
La verità ha cambiato volto,
e tra mille discerne le sue paure:
l'animo è il più grande prigioniero di se stesso.