venerdì 23 novembre 2012

The Ouroboros Is Broken

La mente umana è perversa. Per propria natura.

Forse è dovuto allo sviluppo della coscienza, del fatto d'esser consapevoli di vivere..
Ma sta di fatto che l'essere umano è per definizione perverso.
O che comunque la perversione fa parte della sua mente, con un buon livello di propulsione e forza libidica.

La dimostrazione più facile è riscontrabile nella vita di tutti i giorni.
Spesso e volentieri questa perversione sfocia nelle più svariate maniere e versioni, tra l'altro ben camuffate se necessario.
E' riscontrabile ad esempio nelle relazioni, o nel semplice "legarsi" alle cose che ci circondano.
E' un po' il famoso effetto droga che si ha sulle cose, o beh, ovviamente sulle droghe.
Ma in un certo qual modo tutte le cose, chi più, chi meno, fanno sfociare questa perversione, che, in sostanza, per la gran parte delle volte, è l'incarnazione di un puro atto di sano autolesionismo.
Ebbene si, questa perversione è del tutto e spensieratamente masochistica.
Se no, del resto, trattandosi in genere di cose positive a cui si cerca di tendere, non sarebbe tale attività definibile come perversa.

Di "Perverso" il mio fido dizionario etimologico online (*http://www.etimo.it/?term=perverso&find=Cerca") mi da "..lat. Pervèrsus che propr. è part. pass. di Pervèrtere: rovesciare, travolgere e fig. corrompere..".
E in fondo questa definizione quadra con la figura sopra indicata, di qualcosa che, ogni volta che si provi a tendere verso ciò che può creare beneficio, devia immediatamente la curva del "bene" in maniera opposta e parallela verso ciò che può indurre del "male".
Ciò avviene in ogni circostanza, in ogni tentativo di legame, o semplicemente approccio alle cose che si desiderano, alle cose che ci circondano. Avviene sempre in sostanza.
Basti pensare a tutte le illusioni che nascono ogni qualvolta si provi a stare con qualcuno e che ogni volta si palesano quando quel "stare con qualcuno" volge al termine.
Tutte le volte che ci si aprono gli occhi da quella patina meravigliosa che ci propone solo sogni e versioni dorate di ciò che è l'altro, di ciò che ci circonda in quei momenti con l'altro, e di ciò che è la nostra vita attualmente con l'altro, nonostante magari tante volte si è giunti al punto che ci si sente solamente prigionieri altrui e nient'altro che schiavi dei propri sentimenti.
Mi riferisco proprio a quegli attimi, quei microsecondi, che ogni volta prendono il sopravvento su tutto, nel momento topico in cui si è finalmente pronti con i bei discorsi e le frasi preparate a puntino per affrontare il nostro destino, attimi e microsecondi in cui tutto ciò che si è preparato, pensato e sofferto nei (magari) mesi precedenti, scompare... e lascia spazio solo a immagini di cose o persone a cui non è possibile assolutamente rinunciare.
Quell'esplodere di dopamina che praticamente divora il cervello, e ci spinge a volerne ancora di più e sognare che tutto ciò di cui si è "goduto" fino ad allora possa non smettere mai.

Sognare, non curanti, ovviamente, del fatto che, tutto ciò di cui s'è "goduto" fino ad allora, è da altrettanti mesi che non viene più alla luce.. ma lascia spazio, nei fatti, quelli reali, solo a tanta merda.

E allora perchè? Perchè se ogni qualvolta si impara la lezione, ogni qualvolta si riconosce che ci si sta solo pigliando per il culo, ogni qualvolta si riesce addirittura ad illuminarcisi sul fatto che tutto ciò a cui teniamo e che amiamo in quei momenti, non sono altro che proiezioni inconsce e totalmente endogene di ciò che noi vogliamo vedere di quella determinata cosa/rapporto/relazione, non si riesce mai a resistere a quegli attimi, quei "microsecondi" così densi?

Penso che la risposta sia proprio questa perversione autolesionistica.
Questa perversione e amore perverso della distruzione.
Amore per le cose che si degradano, si afflosciano, si decompongono.
C'è in ognuno di noi una (probabile) innata perversione per la morte e il decadere delle cose.
I media questo l'hanno capito bene, dato che ci propinano ogni giorno spettacoli sempre nuovi da adulare dalla perfetta comodità delle nostre poltrone.
Spettacoli che parlano di morti, massacri, suicidi, crisi, decadenze, paure, terrori, problemi, e, insomma, chi più ne ha più ne metta.
Però hanno ben centrato il punto. Ci nutrono in maniera piena e soddisfacente. Non c'è che dire.
Ma al di là dell'effetto globale e mediatico, c'è proprio una passione interiore per ciò che muore e che fa star male, ma ancor di più c'è una passione e un amore interiore per ciò che fa star male in particolare noi. Noi stessi.
Siamo così affezionati ed amanti di questa sensazione, di questo concetto anche, che non possiamo farne a meno.
E siamo così furbi, ingenui ed imbarazzati da questo concetto che siamo altrettanto abili a nasconderlo e a farlo passare sottopelle, in modo che risulti totalmente invisibile all'occhio intellettivo che determina alla luce il concetto che abbiamo di noi stessi.

E' una mistura perfetta. Pensandoci.
E' una mistura geniale, degna del più elevato demonio, devo dire.
Un fiume di perversione bollente, mascherato da una castità appannante che ci rende totalmente ignari di tutto ciò che avviene realmente dentro di noi e a nostro discapito ogni volta.

Eppure, il simpatico demonio, ha saputo pensare pure oltre!
S'è reso conto che comunque qualcuno avrebbe potuto sentire il puzzo che questa perversione, alla lunga, col suo scorrere, possa lasciare in giro, avrebbe potuto seguire la scia bavosa e sanguinante che si porta con sé, s'è ben accorto di rendere insospettabile e camuffare alla perfezione questo scorrere perverso e autolesionista a tal punto da nasconderlo al nostro occhio interiore, anche quando l'altrui persona riesca con gran audacia a farcelo notare!
Incredibile! Portentoso! Geniale!

Mi rendo conto allora, alla luce di tutto ciò, che deve trattarsi proprio di una caratteristica innata così ben radicata, che il bel demonio in questione solo in questa maniera abbia potuto incastrarla alla perfezione.
Dev'essere in sostanza qualcosa che, molto semplicemente, permea l'essere umano da dentro.
Un qualcosa che lo forma all'interno.
Un qualcosa di così portante e fondamentale d'essere paragonata a tutti i restanti lati caratteriali e fisici che vengono normalmente alla luce di cui tutti noi siamo al corrente.
Un qualcosa che, in sostanza, fa parte dell'uomo, della sua vita e che prende il ruolo di quella cosa della vita atta (e quindi UTILE) a farsi semplicemente del male. E' così, in sostanza, non c'è scampo.
Amiamo ucciderci lentamente. Amiamo soffrire e star male.

Ci si potrebbe soffermare e dibattere su questioni di educazione esclusiva riguardante la società occidentale o meno.. ma non ritengo sia questa la sede adatta.

Preferisco concentrare le forze sul tentare di concepire allora, vista la portante utilità di una tale funzione vitale, la funzione in cui si dirama e da cui deriva questo principio.

In sostanza penso che si tratti di un'intensa voglia di essere accuditi.
Di star male, soffrire, sentire le pene dell'inferno ed attendere realmente, con ardore, il momento in cui verremo ripescati e ricondotti con sane e calde cure sulla retta via dal nostro Salvatore di turno.
Ovviamente la parte del Salvatore non è mai endogena. In teoria lo sarebbe, ma forse qui entrano in gioco quei meccanismi educativi occidentali sopraccennati che, fanno di tutto per esternarla dal proprio contesto.
Dunque allora per la maggior parte dei casi, ci rimane soltanto una speranza di salvezza esterna.
Si tratta ovviamente, per la precisione, di una speranza, anche questa, totalmente inconscia.
Noi, consciamente, si è troppo concentrati sul lamentarsi e cercare soluzioni illusorie piuttosto.
Il resto del lavoro lo fanno i "sensi" e le pulsioni interne inconsce.
Sono loro che spesso ci guidano, come esemplificato più in alto in quei "microattimi".

E allora cos'è questo Salvatore?
Perché è così tanto necessario?

Il Salvatore può essere in realtà qualsiasi cosa.
Un Dio acquisito, un Dio rivelato, un Dio indotto per educazione, o semplicemente una cosa, una passione, un animale, o ancora ancora più semplicemente una persona.
Una persona che amiamo, una persona che ci è vicina.
Scavando a fondo nello scorrere personale degli eventi, in realtà, ci si rende conto che,  fondamentalmente, il salvatore, in genere, corrisponde con due figure ben delineate, ognuna con il suo ruolo per altro:
i propri genitori.
La verità più profonda è questa.
E' come se fossimo dei perenni bambini che hanno ancora il terrore intriso nelle cellule del corpo di muovere "da soli" i primi passi verso la vita.
E' come se sto continuo lamentarsi, o prima ancora, soprattutto, generare autolesionismo, sia sintomo di cure e accudimenti mancati (probabilmente negli anni più sensibili dell'infanzia) da parte dei nostri genitori.
Sono mancanze (o eccessi in alcuni casi) che ci portiamo poi per sempre, per tutta la vita.
Ce li portiamo dietro, per lo meno, finché non decidiamo con gran coraggio di liberarcene.
Finché non decidiamo con gran forza di volontà di rompere il cerchio che si viene ogni qualvolta a creare, in tutte le circostanze sopracitate.. cioè praticamente sempre.
Sono mancanze, quindi tendenze autolesionistiche, quindi lamentele (in cerca di accudimento genitoriale) che riempiono le nostre vite (talvolta l'accudimento ricercato viene impersonato dai sogni e le illusioni inscenate nei rapporti), ma che in realtà le svuotano.. le svuotano di cose, di tante cose, che potrebbero avere un impatto molto più realistico sulla nostra personalità.

Mi rendo conto che la perversione autolesionistica sia dunque potenzialmente inutile.
La sua funzione sarà innata, sarà endogena, ma qualcosa mi fa sospettare che forse forse, sotto sotto, sia semplicemente "indotta".
A questo, a dir la verità, non riesco, né posso, ancora rispondere.
Ma allo stesso tempo mi rendo semplicemente conto che i dati a mia disposizione indicano il fatto che viviamo in una società piena di stimoli del genere.
Ogni cosa che ci circonda è così ed ognuna delle nostre vite, nel suo evolversi, è così.
Ad ognuno di noi si palesano mancanze o lamentele. Ognuno di noi tende a farsi del male prendendosi semplicemente in giro, o addirittura rendendo concreti gli effetti negativi talvolta.

La verità, io penso, è che il cerchio si possa rompere. Ma che in fondo, per ciò che c'è dato vivere oggi, non sia un lavoro così immediato e semplice.



mercoledì 21 novembre 2012

Epistolario Sacro: Nigredo

Ci sono parole che pesano come macigni.
Ci sono lame che tagliano come parole.


Tutto quanto è immobile, indissolubile e si fa sempre più soffocante.
Ma è un soffocare audace, totalmente invisibile, scorre lento e profuma di rosa.

Lo percepisci solo dall'alto, senti il suo alito, senti il suo carico, senti come la lama trafigge piano piano il tuo costato.

E non puoi fare altro che restare immobile. Consapevole che se ti sposti, tutto ciò che ti è dovuto reggere con tanta fatica, crolla in un batter d'occhio.. e non ti restano che briciole.

L'anima si ferma, di notte. L'anima, in quei momenti, fa in modo che pure il sole più splendente acquisti il fascino lunare, notturno, della quiete e del lento scorrere delle stelle lungo il cielo scuro.
L'anima riserva da sempre un gran debole per il fascino della notte. Si lascia ammaliare, si lascia conquistare, dalla bellezza di una dama così incantevole, fatta di luccichii e luci impercettibili che acquistano ancor più valore, in un contesto così oscuro.

Ma son luccichii che costano, son luci che pesano, son tesori che feriscono.

Eppure, quando trovi il coraggio e la forza di volgere l'occhio al sole, percepisci tutto il loro valore.
Capisci che tutto ciò che hai speso, tutto il sangue che hai perduto, durante la notte, è valso davvero il brutto prezzo che hai dovuto pagare.

La notte, coi suoi luccichii, rivela tutte le tue paure.
Queste vengono riflesse da ogni stella che abita nel cielo, ed è facile vederle proiettate li sulla luna. Si rispecchiano su di essa e ti si pongono davanti gli occhi, li dove non ti è possibile fuggire.

E la luna è li, che ti osserva e ti mostra ciò di cui hai tanto timore. E' impossibile sfuggirle.
Da qualunque parte osservi il cielo, riesci a scorgerla e con essa tutto ciò che ti porti dentro.


La luna è li. Ti guarda, ma non ti sfiora nemmeno.
E' conscia della propria bellezza e del proprio tesoro.
E non è mai disposta a cedere il passo.
Resta li, immobile, così che tu possa sempre osservarla, ma non cede mai a lusinga, non allunga mai carezza, non tende mai una mano.
Lei è li, per svolgere il suo ruolo, per assolvere il proprio compito.


E resti dunque disarmato. Resti solo, sconfitto e inginocchiato al suo cospetto.
Resti ammaliato dalla verità che si presenta con ardore e con gran zelo.
E non puoi far altro che seguire il tuo corso. A nulla vale ogni tua piccola reazione.

Devi scegliere e seguire il tuo sguardo. Non c'è altro.

La notte ruba il fiato, come un'ondina che pende all'amo e porta con se ogni tua certezza.
Ti lascia nel suo spargersi infinito, di un mondo fatto di tante bellezze inafferrabili.
Lei è la tua prigione, ma di una prigionia seducente.

La notte giunge avvolgente, e io non posso far altro che assolvere al mio dovere.

Muovo il passo e falcio ogni desiderio.

giovedì 15 novembre 2012

Coro degli Angeli: Dioniso

"In quei momenti, quando sei così, la differenza tra la vita e la morte non esiste.
 In quei momenti, quando sei così, hai capito."

"Perdi troppo tempo in chiacchiere. Fai. Corri. Muoviti.
 ..Muori."

domenica 4 novembre 2012

Coro degli Angeli: Il Vecchio

"Te ne stai tutto il tempo lì rantolante a fissare sempre lo stesso paesaggio da quella maledetta finestra!
Quand'è che ti deciderai ad uscire, a prendere una vera boccata d'aria, per una buona volta?"

"..Io?... Io.. non sono fatto per queste cose..."

"Vedi? Continui a prendere in giro te stesso. Dormi. Continui a dormire ad occhi aperti e neanche te ne accorgi!"

"Sono ormai vecchio. Forse è il giusto sonno che mi spetta. Forse è il giusto sonno che finalmente attendo."

"Vecchio? Ah ah! La tua vecchiaia è ingegnosa.. reduce di quanto esalino le tue paure!
Per te è tutto un gioco. Non fai altro che prendere in giro te stesso e ne trai puro godimento.
Nel lamentartene però. E' un gioco di parti. Non lo vedi?
Sei tu che ti tormenti!"

"Parti?... Quali?... Quali parti?
Io... Io sono.. No. Sono solo stanco. Devo sedermi."

"Beh dormi. Dormi vecchiaccio. Quasi mi vergogno di una cosi stretta parentela.
Sappi però, prima che ti si presenti il tuo sonnellino... te lo voglio rovinare:
sei un vecchio cialtrone! ..ecco cosa sei.
Non dovrei esser io a dirti questo. Lo sai. Potrei chiamarlo. Potrei chiamare lui. Il padrone."

"Padrone!??!... NO! Il padrone no. Sta buono giovine rampollo! Pensa alle tue fatiche. Pensa ai tuoi mestieri.
Non intaccare la mia vita già dolente di per sé! Non è tuo compito. Pensa alle tue faccende.. che a me.... a me.. a me ci bado io..."

"Tu? Badare a te stesso? Ah ah! Potrei ridere un giorno intero su quanto affermi.
E' proprio questo il tuo diletto. Il non voler mai badare a te stesso. Hai raggiunto una certa età, è innegabile. Ma hai trascorso una vita intera attendendo la vecchiaia come fosse il più grande dono della tua esistenza.. questo lo so. Mel ha detto mio padre.
E adesso? Adesso che ti vedo, adesso che il tuo grande momento è giunto.. cosa fai?
Piangi.
E se non riesci a sopportare le tue lacrime tutto il giorno, allora vai a dormire. E dormi, dormi sonni davvero profondi, ricchi di sogni e sfumature che quasi cancellano la tua realtà.
E' questo vivere?
Io non voglio più emetter giudizio. Credo sia stancante persino per una testa così attiva come la mia.
Penso che starò davvero attento ai MIEI di affari! Quelli si che sono davvero importanti. Quelli si, che sono reali.
Ti lascerò così. Nella tua pace, nella tua tanto amata e agognante quiete. Nel tuo sguazzare in questo profondo dolore..
Un dolore di un vecchio, un vecchio che di vecchiaia vuol perire.
Un vecchio che ha sempre voluto esser vecchio.. furbo! Convinto che questa scappatoia potesse alleviargli il fardello donato dal pensiero della morte.. ma stolto nel non rendersi conto che questa lunga esperienza onirica gli stesse privando ogni singolo istante fatto per vivere la realtà.
E' questo che tu vuoi?
Bene. Fa pure. Io corro a sentire l'odore dei campi e delle belle donne.
Notte vecchiaccio"

"Non riesci mai a capire, giovincello... il peso.. il peso dell'esistenza.. il peso.. quello m'appartiene.
Quello occupa le mie ore.. non riesci proprio a capire."

Epistolario Sacro: L'Eroe

Certe volte mi maschero dell'eroe che non sono. Non so perché faccio così..
Sento talvolta come se ci fosse un altro me a prender parte delle mie pulsioni.
Fosse per me, io, me ne starei qui buono e calmo. Cercherei di ammirare ogni secondo di ciò che mi scorre davanti...
E' bello. E' bello si. E' bello ammirare, è bello guardare, è bello godere di ogni frazione e microparte di ciò che mi passa davanti agli occhi.
E' bello, è bellissimo sentire poi ognuna di queste parti ribollire all'interno di ogni cellula del mio corpo.
Tutto ciò allunga gli istanti, è come se avessi d'un tratto inventato la ricetta per l'immortalità.
E' tutto così infinito. Interminabile.
Tempo e spazio poco importano. Io sono vivo. Mi sento vivo. Dentro.
Ammirare è bello.
Godere dell'ammirare è bello.

Il mondo non è fatto per ammirare. Ne per goderne.
A mio malgrado tento ogni giorno d'accettarlo. Ma non vi riesco.
Io sono un debole. Non ho la stoffa dell'eroe, di cui tanto mi si investe.
Io porto con me una croce. Porto con me una piaga.
E' come una ferita sempre aperta. Basta pressare e sento nuovamente pieno, pienissimo tutto il dolore e la sofferenza umana.. come se la ferita fosse stata appena squarciata.

Eppure ogni cosa è così bella. Figuriamoci quando accadono le cose belle.
Starei ore e ore ed ore a guardarle.. e a dir loro quanto siano belle.
E' una sensazione che mi appaga. Contemplarlo.
Contemplare le cose belle, me le fa apparire belle ogni volta che le guardo.
Basta che distolga lo sguardo un attimo, le riguardo.. ed ecco!.... che Meraviglia!

Il mondo però non vuole questo.
Il mondo vede tutto ciò come noia. Come un'ossessiva tendenza della vecchiaia..
Cosa ci posso fare io.. sono solo un vecchio. Un debole vecchio, stanco e senza forze.
Un debole vecchio che forze per vivere non ne ha mai avute a dir la verità.

Eppure s'è trascinato avanti tutta la vita il più grande dei tesori.
L'amore.
L'amore per la bellezza.
L'amore per la bellezza di tutte le cose.
Questo dono ha fatto di me la fonte più importante di tutte le cose. L'essenza stessa delle cose. Del motivo per cui valga la pena di viverle, le cose.
Eppure questo non basta loro.
Loro mi guardano. Loro mi offendono. Pensano che non abbia stoffa. Loro vogliono un'altra stoffa.
Quella che io posseggo, per quanto preziosissima, non basta.

Io vivo di questo. Possiedo poco. Molto poco. Ma è un poco che realmente mi arricchisce.
C'è chi ci vede miseria in tutto ciò.. io penso che la miseria sia il mio tesoro più nascosto.

Forse è l'unica cosa che mi distrae dal lento ed inesorabile scorrere del tempo sulla mia pelle.


                                                                                                                                                                     Caspar

giovedì 1 novembre 2012

Il Bosone di Finocolano

Il Bosone di Higgs. Finalmente.

Lo stavamo tutti aspettando con trepidazione...!
Adesso noi compari della fisica standard siamo al completo.

No io in realtà ho sempre tifato per gli avversari.
Questa affermazione, tra l'altro, potrebbe lasciare intendere una miriade di cose tra il filosofico e il freudiano.. ma eviterei di dilungarmi.
Molto più semplicemente ho sempre tifato per la compagine della fisica quantistica.
Li vedo più pronti, più preparati in "materia". Talvolta mi sembrano proprio ovunque e nello stesso istante.. addirittura.
Mi sembra insomma che abbiano capito un po tutto della vita. O quantomeno che abbiamo una buona probabilità di farlo.
Non voglio fare un trattato di fisica, anche perché comunque non sarebbe assolutamente mia competenza.
E nonostante qualcuno possa ovviamente controbattere che neanche scrivere poesiole o racconti infruttuosi sia "mia competenza", stavolta posso tranquillamente dire di dover cedere e riconsegnare le armi a chi di dovere in questo campo.

Il bosone di Higgs ordunque, voglio trattarlo in maniera personale.
Poiché penso che ognuno di noi abbia un proprio bosone di Higgs.
Poi se ti chiami Piero o Marcello, avrai il bosone di Piero o di Marcello ovviamente.
Ma il punto è che ognuno di noi (a dire il vero ogni giorno) cerca un bosone su cui fondare tutte le cose che si pensano o si sperimentano e da cui si è, ogni volta, ovviamente sostenuti.
Ognuno di noi cerca insomma un bosone che possa dare alle cose un po di massa, che possa dare loro forma e peso e consistenza. Così che poi tutte le altre cose che si scoprano o si sperimentino in vita abbiano a loro volta un loro senso...
E in un certo modo possano accorparsi con tutte le altre scoperte scientifiche, così da formare un nostro modello personalissimo di "fisica standard".
Quel simpatico modello insomma, che ci fa dire chi siamo, cosa facciamo, cosa sono le cose, come la pensiamo, cos'è un po' tutta la nostra personalità volendo.
E, appunto, è poi lo stesso modello a cui ci si appende quando le cose vanno storte, o che si attua con interminabili coazioni a ripetere quando non si sa più cosa fare nelle situazioni più spiacevoli.

Forse i "reali" fisici moderni stanno facendo proprio questo. Chissà.
Forse è questa analisi del microcosmo che mi fa tifare per i compari quantistici, che del microcosmo sono davvero degli esperti professionisti.
In realtà, vi è da dire, che il mio tifo quantistico è lo stesso che do all'ateismo calzante che regna in me in questi ultimi anni.
Nel senso che mi rendo conto che la scelta più logica sia la soluzione agnostica.. ma mi piace rompere il cazzo e ripagare tutte le frustrazioni ricevute da anni di indottrinamento cattolico a quelli là.
Ecco, il modello standard lo vedo un po' come la religione cattolica. Ci si basa su cose ferme e statiche, che "sono così" e rispondono ad una logica del tempo che va dall'inizio fino alla morte. Come se ci fosse un punto x di inizio e un punto y di morte nelle cose.
La verità, giusto per autorispondermi alle critiche autosollevate, è che penso che "la verità" stia là in mezzo. In mezzo ai due modelli. Forse serve un secondo bosone di Higgs per metterli d'accordo però.
Ancora quello non è stato scoperto.

Ad ogni modo, io penso che lo stesso modello standard delle cose ferme e statiche lo utilizziamo noi tutti, ogni giorno, in tutte le cose che viviamo.
E infatti ogni giorno non facciamo altro che mettere in fila conoscenze, le quali vengono fuse alle nostre precedenti conoscenze, le quali formano, tramite queste, nuove conoscenze, secondo le quali regoliamo tutte le nuove conoscenze a venire.
E così via all'infinito.
Illusi e inconsciamente convinti che un giorno, dopo aver messo in conto tutto lo scibile umano, verremo a capo di tutta sta situazione. Un giorno scriveremo la parola fine su tutta sta faccenda.
Anzi no, proprio la parola "risolto".
Quale situazione? Quale faccenda? Beh la vita.

In realtà, ogni giorno, allo stesso modo, ci si rende conto che tutta la fila di conoscenze che si sono accumulate decadono, poiché tutto ciò che si è imparato e studiato, con grande sforzo e avidità, per rispondere alla perfezione a quella situazione x che sta per arrivare.. si trasforma magicamente in un tonfo... dato che la situazione x, si è stranamente presentata come situazione y!
E allora ci vediamo costretti, con gran rammarico e soprattutto frustrazione, a dire addio al nostro bel modello standard, ad inveire contro tutto e tutti ed, ovviamente, inveire a gran voce contro noi stessi.

Io voglio qui chiudere il mio saggio sui modelli standard personali quotidiani. Forse riscriverò in seguito, forse no. Non è questo il loco, né il momento in sostanza.

Questo post nasce perché voglio annunciare al mondo intero (ovvero a me, e forse qualche altro pazzo scellerato che legge questo blog) che io ho finalmente scoperto il MIO bosone di Higgs.
Alla fine è arrivato.
Sono servite parecchie ricerche e tante scelte di vita coraggiose.. ma mi è stato detto:

"Caro Lubbert, abbiamo qui il tuo caro bosone. Te l'abbiamo tenuto qui ben conservato al calduccio in attesa che tu arrivassi. Ed eccolo qui per te!"

Ebbene si. Era lui. Il mio modello standard è adesso completo.
Cos'è? Di cosa si tratta?
Andiamo con ordine.

Genetica e comportamenti cognitivi.
Era questa l'annosa questione iniziale.
Erano questi i due mondi che si scontravano.

Diatriba nata da una lunga e intensa discussione che si protraeva da anni in cui i due mondi erano sempre in collisione fra loro.
Da un lato la tesi a favore della genetica, del suo possedimento indiscutibile di tutte le decisioni riguardanti i comportamenti umani.
Dall'altro l'attività cognitiva cosciente, in grado di prendere decisioni qui e adesso. Decisioni proprie, vere e autentiche come tali.
C'è da dire che l'inesperienza del tempo poneva questi temi come a sé stanti e appunto "standardistici", in quanto ciascuno di essi possedeva di per sé validità assoluta.

Se la genetica, da un lato, portava con se forti tratti comportamentali (oltreché fisici ovviamente) riguardanti l'individuo, l'aspetto cognitivo-cosciente dell'individuo prometteva, dall'altro, un potere decisionale davvero invidiabile.
E allora? Chi aveva ragione?
Chi manipolava chi?
Chi prendeva realmente parte alle decisioni e alle scelte di ognuno di noi, nella vita di tutti i giorni?
Chi era, in sostanza, quello a cui dar conto, quando si assumeva con gran presunzione di aver ragione sulle varie questioni della vita?

Beh da un lato io, al tempo, sostenevo molto il lato cognitivo/razionale/analitico/cosciente.
Dall'altro veniva sostenuto il concetto che siamo solo animali, la coscienza fosse solo un'incidente, quasi un errore e che tutto ciò che guidava le nostre scelte fosse dovuto a reazioni biologiche.

Alla lunga, come di consueto del resto, le lunghe discussioni portarono la mente a chiarificarsi.
..e fu così che ebbi l'illuminazione, degna addirittura del buon Peter (Higgs, ndr), la quale nei fatti fu pur tale, dato che non avevo alcuna nozione neuroscientifica alle spalle, se non discorsi abbozzati dall'altro compare che mi sosteneva in queste diatribe sterili e dispendiose:
ci doveva essere da qualche parte un collegamento. Qualcosa doveva pur collegare 'ste due idee.. del resto, fanno entrambe parte della nostra vita. Chiaramente ci condizionano ogni giorno e soprattutto, presentano ognuna una versione dei fatti verosimilissima e inattaccabile.
Ordunque: devono per forza aver ragione entrambe!

E allora li mi venne il dubbio: non è che si sta semplicemente parlando della stessa cosa, ma con linguaggi e parole e termini, completamente diversi?
Notai al tempo, e affinai COL tempo, che codesta è una pratica assai diffusa, sia nella vita di tutti i giorni, sia nei conflitti più famosi o mai risolti nella storia dell'umanità.

Ebbene, da questa piccola domanda, proposi l'idea:
"..e se la genetica, scavando in fondo al concetto, non fosse altro che una catena di comportamenti umani che avessero posto le loro radici nel genoma degli individui, col tempo, e dunque totalmente modificabile e aperta, apertissima (!), ai comportamenti cognitivi umani relativi alle esperienze ogni giorno?"

Ora, so di aver scritto una cosa illeggibile. Ma il concetto in sostanza era:
Genetica = tendenze innate;
Tendenze innate = comportamenti innati;
Comportamenti innati = dunque, comportamenti.. quindi esperienze imparate cognitivamente (o meno) molto tempo fa e accumulate (come proprio ho descritto la pratica standard più in alto) col tempo;
Comportamenti = modi di ragionare, analizzare, intendere l'universo che ci circonda;

Dunque genetica data da un insieme di comportamenti che si cementificano nel tempo e che andavano dunque poi ad influenzare tutti i successivi nostri comportamenti futuri e quelli delle generazioni a venire ovviamente.
Dunque la genetica non era altro, in fondo, sotto quest'ultima analisi, che un insieme di comportamenti imparati nell'esperienza cosciente (e non) di tutti i giorni. Ma molto molto tempo fa.
Nient'altro.

Ma allora? Dove stava il trucco?
Com'è che questa spiegazione suonava ancora così storta nonostante tutto?

Beh la risposta è arrivata circa 2 anni dopo:

"I circuiti nervosi possono modificarsi in risposta all’esperienza.
Questa capacità si definisce plasticità neurale.

La plasticità è presente in tutto il SNC, ma in particolar modo a livello 

della corteccia cerebrale.
Senza di essa

•Il nostro cervello non si sarebbe sviluppato in maniera 
normale
•Il nostro comportamento sarebbe stereotipato ed 
immodificabile dall’esperienza
•Saremmo esseri senza memoria del passato"

Ed ecco che ogni pezzetto prende posto automaticamente nel puzzle.

Genetica = Comportamenti : Trasmissione elettrochimica = Esperienza.

Dunque ogni esperienza genera una trasmissione elettrochimica (una, si fa per dire... è roba da 100miliardi di neuroni), dunque ogni trasmissione elettrochimica genera un'esperienza.

Dunque ogni cosa che si pensa, o si analizza, o si vive cognitivamente, coscientemente, attivamente, razionalmente, e così via.. non è altro che un piccolo minuscolo tassello che trasforma la nostra plasticità neurale, che cambia forma e plasma letteralmente il cervello.
Dunque, si può facilmente immaginare cosa dev'essere successo lungo tutte queste migliaia di anni di evoluzione della vita.
Dunque si può, adesso, più semplicemente, mettere a posto l'idea che la genetica non va da nessuna parte senza l'attività psichica di quell'Io maledetto che spesso ci appare così ineffabile.
E dunque quel simpatico Io che tanto ci garba, deve molto di quello che pensa e che fa, e che ritiene esclusivamente suo e personale, a tratti caratteriali e tendenze già innate, dalle quali è assai difficile sfuggire.
Sono due mondi, due modelli se vogliamo, che si influenzano a vicenda e dunque inscindibili nel loro completarsi alla volta della realizzazione di tutto quello che è la realtà complessa che ci circonda.
Sono due mondi che ogni giorno creano e si creano a vicenda, e che non possono esistere senza coesistere in sostanza.

E' stato un giorno davvero trionfale per me.
Magari più in la concepirò di non aver capito un cazzo in realtà.
Ma per adesso lasciatemi sognare un attimino...



Questa non c'entra un cazzo, ma la sto canticchiando da una giornata intera e, dunque, anche durante la stesura di questo post:



Ho scritto "dunque" 13 volte.
Beccatevi pure questa voi e il vostro cazzo di modello standard:




domenica 14 ottobre 2012

Coro degli Angeli: L'Oscuro Signore

"..non la guarderò negli occhi quando sarà il momento di ucciderla.."

"Usi dei trucchi puerili e meschini per mistificare la tua realtà."

"A volte è necessario farsi gioco delle situazioni e valutare i giusti compromessi per compiere ciò che va fatto."

"E tu? Tu chi sei? Chi sarai mai?
La tua voce non mi è nuova. Il tuo volto non è presente."

"Sono la voce dello spirito che si aggira tra i labirinti di questa oscura dimora.
Sono la luce ed il faro di ciò che vecchi e striminziti viaggiatori anelano con tanta fame.
Non ho timore di mostrarmi, la mia luce è la più splendente!
E la tua fame mi è nota ed è forte, squillante!
..alle trombe delle mie orecchie.."

"La tua luce ti oscura la vista, mio vecchio compagno. La mia fame è ben sazia, la mia richiesta è assai legittima. Di fame vive l'uomo, ma questa saggezza non mi tocca.
Io So cosa è giusto. Cosa non si deve fare.
So che la tua voce è qui pedante e come tale ha da tacere."

"Ogni luogo è la mia casa qui dentro. Non vi è sorte di cui io non sia partecipe, sebbene ciò avvenga di rado."

"E’ qui che la tua potenza è fallace!
 Non sai di cosa parli, non senti! Non tocchi! Non ami!
Non puoi esser giudice! Né Padrone!"

"Taccio adesso. Poiché è mia riserva. Non è più il momento in cui dar forma alla mia pietra."

"Si beh, spegniti!"

"Riesco quasi a scorgere il tuo volto adesso...." (va via)

"Sporco sbruffone di uno spirito! E' ora che la tua presunzione sia punita dai tuoi stessi crimini!
Riguardo te, è bene che tu compia ciò che hai da fare. Hai visto di cosa sono capaci le mie catene.. non si degnano solo di imprigionare, possono anche essere scagliate, se il caso lo consente!"

"Non riesco mai a vederti! Non so di che colore splende la tua luce!
Penso addirittura che tu non abbia una luce! Forse sei il nero, sei il colore che li prende tutti! 
Mi perdo al solo pensiero.. eppure scorgerti mi affascina immensamente, mi rigenera, in un certo senso mi nutre..!
Come sei vorace, sei avaro.. sei un avaro mentecatto, ecco cosa sei!
Presentati, dimmi il tuo nome! Abbi coraggio di mostrarmi il tuo volto, oscuro signore.."

"Ammiro, apprezzo il tuo coraggio, dato che si tratta di una dote rara e ben nascosta.. in quelli come te..
Ma non sei fatto, né ancora pronto per il mio volto.
Il tuo spirito è nobile, lo accetto.
Ma il tuo animo è codardo e il mio marrone potrebbe accecarti per lungo tempo..!
Accetta di udire la mia voce, adesso.
Urian, questo è il mio nome. O questo è il nome con cui mi chiamano tra le terre del settentrione.
E ciò è il dono di cui ti devi far premio.
Quando il tuo spirito s'armerà di giustezza, allora riuscirai a scrutare persino i miei occhi!!"

"La mia vita è povera d'ingegni, ma intensa di piaceri. 
I miei piaceri sono macigni da sostenere e nessuno rende pace a questa povera anima vuota.. la sola in cerca di un piacevole riempimento.
So che questo è il mio destino; portare il peso dell'esistenza, del resto, non è una missione semplice.
Serve un forte eroe per questo compito e io, a mio malgrado, lo sono.. è questo che mi rende vivo.
Le risposte alle domande che cerco sono già scritte. Ma leggerle mi appesantisce il cuore.." 


sabato 6 ottobre 2012

Epistolario Sacro: Uroboro

C'è un qualcosa che mi tormenta l'anima.
Non so cos'è. Né riesco a vederlo.
Eppure mi strugge il cuore. Il petto. Il tronco.
E tutti gli arti annessi.
Prende possesso della vita mia e implode in me ogni speranza.
Ed ogni volontà.

Devo assecondarlo. Devo dargli ascolto. Devo udire la sua voce.
Devo udirne il lamento e il profondo strazio.
Così che Egli allenti lievemente le sue maestose catene..


mercoledì 12 settembre 2012

Epistolario Sacro: Sacrum Facere

Volevo solo dipingermi di una vita sognante, dettata dalla fantasia e dal mio mondo interiore. 
E invece ho scelto la vita reale. Ancora una volta.
Ho deciso di confrontarmici ancora una volta. Di vedere e capire per l'ennesima volta cosa può darmi. Dove mi può portare.

La vita reale non mi piace.
Mi da ancora, ogni volta, quel senso di disgusto.
Lo sento... è sempre li, anche quando le cose vanno bene..
Aleggia nel sottosuolo.

Tutto il mio amare nasce in fondo da una rinuncia alla vita.
Si nutre di infiniti attimi e paesaggi pittorici, sfondi armoniosi e fiumi dal luccichio celestiale.
Sono tutte cose che la vita reale non offre, molto spesso.
E quando li offre sono sempre di un intensità tale.. che io non riesco neanche a vederli.

Riesco però sempre a fiutarli.
Solo che, quando accade, capisco dopo che la mia fiamma arde per una veste che puntualmente ogni volta ci ricucio sopra.
E' in fondo una mia veste.
Amo sempre e solo me.

Beh, mi ci perdo allora.
Perché è l'unica veste che mi calza a pennello.
E' l'unica veste che riesce a coprirmi dal freddo gelido che deriva da tutti gli altri momenti.
Senza di essa, rinuncio alla mia fame di vita. Rinuncio ad astenermi dalla vita. Muoio vivendo.

Volevo dipingermi di astratti abiti, e invece ho scelto te.
Volevo dormire e sognare, e invece tengo l'occhio sbarrato e proiettato sulla realtà che mi circonda. 
Volevo perdermi in racconti di cui solo io fossi narratore, e invece scelgo che la realtà mi racconti delle sue intense fiabe.
Ho scelto di vivere e di viverti. Ho scelto di creare e vagabondare partendo da te.

Il mio cuore si fa grande e accoglie l'offerta del tuo mondo battagliero.
Della sua veste si distoglie e la poggia allora sulle tue spalle.
Del suo calore si fa forza e lo dona ad ogni tua lacrima dispersa.
Lui si perde qui. Affinché ogni suo battere sia degno della sua giusta causa.

..e qui mi accorgo che delle volte la realtà stessa ti concede i suoi tesori in lettere disperse nelle strade più intricate. Sembra impossibile a crederci, né la logica ne risponde, eppure ella sa perfettamente quando è bene consegnarti il proprio messaggio e in che luogo e preciso istante sarai tu li a ritrovarlo..
..giù. A terra.

Jerome

domenica 2 settembre 2012

Epistolario Sacro: ὄνειρος

Ci sono ore in cui passi tutto il tempo ad immergerti in una sfera colma di sentimenti e guardi scendere ognuno di essi come un fiocco, un fiocco di neve.
Quando li guardi, essi sembrano riportarti alla mente una per una tutte le sensazioni passate, che vengono innescate o rievocate da ogni fiocco calante, e con estrema precisione e dettaglio.
Queste sensazioni sono però spesso ricche di nuovi dettagli, che magari prima non esistevano.

E' per questo che il tempo sembra lì non scorrer mai, e perché, in realtà, nel tempo reale, tu riesci ad immedesimarti per ore e perderti e non rendertene conto.
Perché il tempo lì non esiste. Sei tu a governarlo, sei tu a crearlo, sei tu a mescolarlo come vuoi.
Il tempo lì non è più quella grossa chimera che governa ogni tuo singolo istante. Non ci sono piani, previsioni, ansie o azioni da compiere e rispettare.
Puoi restare lì, immobile e inerte, a rispecchiarti e immedesimarti in ogni piccolo dettaglio, in ogni spigolo ed ogni angolo che le visioni di case, strade o vallate infinite ti presentano ogni volta.
Puoi restare lì a godere voluttuosamente e con gran gioia di ogni bella azione compiuta e vissuta che ti si presenta davanti, e sopprimere e rimescolare invece tutte quelle azioni in cui magari non ti sei sentito all'altezza.
Puoi restare lì talvolta, anche a godere e sguazzare nel fango, come un masochista, di tutto ciò che di terribile e meschino la vita ti ha posto dinnanzi. 
Tutto è permesso. E' permesso dunque creare e ricreare scene di vita vissute. Mescolarle allora con la fantasia, con i desideri, con i propri sogni.
E' possibile collocarli in epoche lontane o più recenti, e magari aggiungere variopinte e contrastanti sfumature che il mondo reale certe volte non ti permette. O se magari te lo permette, sei molto spesso tu a non rendertene conto.

La mia saggezza mi inganna e ogni tanto borbotta. Non mi permette di fingere così a lungo con me stesso.

Eppure quando mi immergo in questo mondo fatato, è lì.. è lì che la vedo finalmente scomparire. E con sé porta via ogni sorta di preoccupazione.
Le mie scene dunque si creano e si colorano, e si riempiono inoltre di sentimenti veri e intensi. E spesso riesco anche a reindirizzarli, ad alimentarli o svuotarli a seconda di ciò che avviene.
Vedo una sfera e vi creo un universo. Ma stavolta mi sento io il creatore di ogni dettaglio, e nulla mi pesa in quanto responsabile dell'artifizio. Sono il bene e sono il male. Sono l'eroe e lo sconfitto. Ma sono anche la vittima se voglio.
Vedo una sfera e vi vedo un universo già creato, prima di qualsiasi mia mossa. E' già pieno di dettagli ed immagini ben definite. Tutte create e ricreate da ciò che la mia vita mi ha permesso di avere. E anche, certamente, da ciò che mi ha tolto.
C'è tutto. Ci sono lettere, amori, esperienze fatte da bambino, cose su cui ho sbagliato e cose da cui ho imparato. Cose a cui mi sono legato e cose che sono andate via.
Vedo allora una sfera e vi immergo il mio universo creato, miscelandolo con quella serie di avventure già esistenti.
E allora mi siedo.
Mi siedo lì in un angolo a caso. Prendo una sedia ben salda e mi godo il panorama.
Poi decido invece di alzarmi, prendo la sedia e la porto con me.
Scelgo un nuovo angolo e.. allora mi risiedo nuovamente e aguzzo la vista. Mi perdo quindi nel sublime di ciò che vi è dinanzi agli occhi. E lascio che questi mi attraversi, completamente, tanto da farmi perdere la concezione di quel tempo già dannato e tiranno.
Sposto ancora la mia sedia e decido di stendermi semplicemente sull'erba, o sulla strada, o sul mio giaciglio.. su qualsiasi cosa io abbia creato sotto i miei piedi. Su qualsiasi cosa il mio animo necessiti in quel momento, per godersi il giusto riposo, per far godere la mia vista, per far godere tutto il mio corpo, direttamente a contatto con quella terra così speciale.

E partono qui le immagini, partono le parole e partono i sogni. Tutto si dipinge da se. 
Partono fiumi di ricordi e sensazioni, di luoghi già conosciuti che eppure appaiono così nuovi e con diverse illuminazioni.
E' qui che si formano case, lunghe "trazzere", animali di ogni sorta, vie e strade percorse da mezzi e persone. Qui si formano luoghi ben definiti e altri spesso soltanto sognati. Qui vedo angoli in cui ho versato lacrime, vedo spiazzi in cui ho gioito dell'aria fresca e della gente, vedo volti di cui non ho mai dimenticato gli sguardi. Qui vedo dei posti. Vedo i miei posti. Vedo i posti che nella mia mente richiamano trame ben precise, pregne di emozioni e momenti che non si possono cancellare e che hanno ancora con sé quell'aria magica e rarefatta che li contraddistingue per l'intensità e la particolarità che vi si è impressa.
Qui scorrono i fiumi che hanno caratterizzato la mia vita, che l'hanno arricchita di sogni e speranze e di altre nuove sensazioni da voler sperimentare.

E questi fiumi vedono poi la loro intensa foce in cascate di parole e racconti leggendari, in cui ogni personaggio o luogo del racconto ha una storia a sé, e un forte legame, pari all'affetto che da un padre al proprio figlio.
E questi racconti proseguono a lungo, per tutto il tempo. Si snodano senza difficoltà e riempiono intere pagine di libri che descriveranno poi la storia di chi siamo e cosa ci distingue.
Questi racconti durano ore e si rinnovano tutti i giorni. Ogni giorno un posto della sfera può avere queste peculiarità, questi personaggi, queste vicende. Il giorno dopo ne riacquista magicamente altre.
E ogni volta che io ritorno a guardare la sfera, tutto ciò che porto con me, delle mie esperienze vissute, non fa altro che rimescolarsi con gli universi già creati dai miei affetti precedenti.

E' come se ad un certo punto, avendo preso appunto di ogni dettaglio delle immagini nella mia sfera, decidessi di scuoterla per bene e godere e immaginare del paesaggio tutto nuovo che si forma grazie alla neve che scende anche stavolta.

E' proprio una bella sensazione. Mi rende libero. 


Io mi sento oramai vecchio per la vita. Preferisco viverla dall'esterno, stare li a guardare da attento spettatore. Non è più tempo per me di muovere i miei muscoli atrofizzati. E ho deciso di accettare serenamente il mio modo di essere. 

Per questo la libertà mi è possibile solo quando mi immergo completamente in quel mondo fatto di bolle d'aria e fiocchi di neve.. perché riesco lì a ritrovare la padronanza completa del mio corpo. Perché riesco lì a ritrovare la padronanza completa di ciò che mi circonda.

Perché lì.. il mio corpo e il mio animo diventano un tutto con ciò che mi circonda.


Ma adesso è tardi e la notte mi chiama al suo mondo onirico. E' meglio che vada.

Scelgo l'ultima volta di agitare questo Duomo. Chissà che non mi richiamerà alla mente qualche antica favola prima di dormire.


Vi auguro una buona notte.

Caspar

venerdì 31 agosto 2012

La Filastrocca IlluminAnte

E' senza dubbio interessante,
E' oltremodo affascinante,
E' in molti aspetti accattivante.

Di una postura aggraziante,
Di un sorriso smagliante,
Di un'espressione sempre mutante,

Presenta ogni suo aspetto in modo brillante.

La sua camminata è ancheggiante,
La sua risata è squillante,
La sua domanda è sempre costante.

E l'intelligenza è abbondante,
E l'interna vastità dominante,
E l''intraprendenza un po' carente,


Eppure il foco del suo animo è perennemente conquistante.

Per se stessa è spasimante,
Per la sua mente è assoggettante,
Per il suo mondo è navigante.

Ma dalla vecchiaia va scagionante,
Ma dal solipsismo è emancipante,
Ma della fiducia è assai scrutante,

E in equilibrio s'improvvisa vagante.

Col piccolo passo si muove costante,
Con una piccola torcia fa luce trionfante,
Con l'occhio oscurato sfida il pericolo arrembante.

Il grande conforto giunge allora appagante,
Il grande coraggio riempie il cuore pulsante,
Il grande obiettivo compie infine festante,

E con piena completezza avviene il processo sublimante.

E' Importante.




mercoledì 1 agosto 2012

Epistolario Sacro: Gnosis

Io sono per lasciare libero il cervello dalle emozioni. E lasciare le emozioni libere dal cervello.
E far si che questi si incontrino e si bacino da sé, di loro spontanea volontà, senza costrizione alcuna.

Mi trovo quindi a far l'equilibrista, a muovermi con grande attenzione sopra una fune.
Ed anziché il bastone a dar manforte, si inseriscono un insieme di trame e tele accuratamente ben tessute affinché la macchina funambolica regga per tutto il percorso.
E' un gioco al di sopra delle parti.
E' un gioco per le parti.
Egli sa cos'è il giusto e cos'è lo sbagliato.
Egli ben sa che giusto e sbagliato sono termini. Sono cose che non esistono.
Rimangono solo le azioni.
Le azioni e le loro conseguenze.
Rimangono solo i pensieri, che si struggono in gran fretta a trovare ad esse ogni sorta di spiegazione.

Riesco allora a muovermi con estrema libertà.
Il labirinto non sembra più così lugubre e angusto. Sembra parte di un gioco, di un mio diletto.
Di uno spazio in cui vi è Possibilità.
Vi sono innumerevoli possibilità, di colorare, di dipingere, di formare, di creare. Di tessere. Appunto.
Si ribalta completamente ogni visione di ogni cosa.
Se prima era il gioco a far da padrone, adesso sono io che scelgo come e in che modo giocare, quando smettere e quando fermarmi. Posso scegliere anche quando ripartire.
Non mi appiccico, non mi attacco più. Ho deciso di lasciar scivolare tutto, di lasciarlo muoversi in qualsiasi direzione voglia.
Poi ogni tanto riesco a dare un colpetto, una direzione, a limare il senso delle cose, affinché seguano quindi il giusto corso.
Quando arriva il momento esatto allora, capisco che il giusto corso era quello errato. E agisco di conseguenza.
Lascio l'acqua scorrere verso l'uscita a lei più congeniale. E di nuovo comincio a seguirla e costruirle i giusti canali.
E così formo il mio gioco. Così creo il Labirinto.

Il mio labirinto è sempre a porte aperte.
Ritengo sia una questione assai importante.
Lascio sempre entrare e mescolare le acque, penso che ciò faccia bene all'organismo, tenga ben retta la mia fune, tenga ben fresca la linfa vitale.
E' una sorta di purificazione, una pulizia ben accurata ma allo stesso tempo lasciata alle cose.
Lasciata alla Natura.
E' che la Natura a volte è strana, ed anche un po' spietata.
E' che la verità, secondo me, è che la natura non conosce alcuna spietatezza. Essa segue solo e soltanto il proprio corso, senza bene o male. Senza alcuna intenzione. Con la sola intenzione di camminare, di uscire e di muoversi ovunque essa voglia. Di fermarsi. Di non fermarsi mai. Di essere fermata. Di andarsene quando è ora. Lei è la Natura. Lei segue la Natura. E' un processo inarrestabile.
E' un processo semplice e puro, e probabilmente assai atavico.
Ad ogni modo prendo atto della sua natura.
La rispetto e la difendo. La seguo e poi la faccio mia.
Entro in comunione, entro in una sorta di fusione.
Così che io e Lei siamo una cosa sola.
E quando ciò accade tutto segue il proprio corso. Creo la mia fune e comincio a camminare, a muovermi e a far lume la dove l'ombra è più fitta.
Talvolta mi tocca salire, prendere le scale.. ritrovare qualche nuovo lumino in mansarda e poi ripartire.
Il riposo è consentito a tutti del resto, non c'è da stupirsi.

Cerco allora di imitare l'artista circense alla perfezione, conscio del fatto che per lui ogni istante è cruciale, come lo è ogni attenzione e ogni piccolo dettaglio della propria passeggiata.
Egli sa che deve lasciare a se stesso la strada da scegliere.
Egli sa che deve far si che siano i piedi e le gambe in comunione col corpo e la mente a muoversi. Da soli, senza aiuto alcuno.
Egli sa che non deve scegliere la strada. Non la deve immaginare. Non la deve in alcun modo pianificare.
Egli sa che se ciò accade non avrà problemi. Potrà permettersi di compiere persino evoluzioni, al di sopra del lungo pendio.
Egli sa però, che se sceglie di guardare verso il basso, pagherà cara la propria distrazione.
Io cerco allora di chiudere gli occhi e andare avanti respirando l'aria e sentendo il vento sulla pelle. Godendomi il bel sole che irradia il cielo e la natura che accanto mi circonda durante la bella giornata.
Cerco allo stesso modo di godermi la pioggia e le scure nubi che occultano il cielo quando il temporale prende il sopravvento.
Cerco di far si che ogni cosa abbia il suo posto e il proprio spazio in questa traversata.
In modo che tutti gli ingranaggi della grande macchina siano inseriti al loro posto.
Che è inequivocabilmente il posto Giusto.

Detto ciò, penso che tutte queste cose siano allora prive di senso.
Basta spegnersi e cominciare a muoversi. Basta svegliarsi e perseguire l'immobilità.

E con questo, chiudo qui questa mia. Spero che al di là delle Vostre cose il tempo sia bello uguale.
In ogni caso, vi auguro di seguire e allo stesso tempo lasciar scorrere la vostra sete.
Essa sarà la miglior guida che possiate mai avere.

Vi porgo i miei più cari Ossequi
Edward



lunedì 9 luglio 2012

Garzania - Il Canto delle Tempeste Solari

vorrei nutrì la tua mente.
vorrei nutrì il tuo corpo.
vorrei nutrì le tue emozioni.
vorrei nutrì le tue azioni.

il corpo si stende, la mente si svuota, le emozioni la riempiono e le azioni vi si perdono.
un fiume giunge in piena e pone fine ad ogni scossa.
è un fiume invisibile, intangibile, ma che ben si percepisce.
è un fiume che non odora, è un fiume che non ha sapore, ma che profuma e ben esalta ogni papilla.

è un fiume come un serpente.
il suo ondulare, il suo strisciare, lo nascondono nell'ombra.
e lui resta li, e all'improvviso straripa in un'istante, travolge tutto.
ma in un momento, tutto si spegne e qui comincia la tempesta.

e lampi, tuoni e saette si scambiano in un gran ballo su nel cielo.
giungono i nuvoloni ad oscurare qualsiasi spiraglio che ponga fine alle loro danze.
e come in gran cerimonia, servono la notte scambiandosi di braccio in braccio ad ogni attacco.
finché il sole trova breccia con fatica, irradiando i campi bagnati e malinconici nel loro odorar di pioggia.

e cosa vede l'osservatore sveglio e attento?
e cosa ode il viaggiatore vispo e sempre allerta?
vede un cieco dallo sguardo assai gentile.
ode un grido che non sa respirare.

le tante notti portano con sé troppe tempeste.
di cui il ricordo ne enfatizza le carcasse.
e allora il buio che vi è dentro poi s'accende.
e i due occhi divengon cechi per tanta luce in un sol istante.

cresce così un fiore tenero e delicato.
ed il suo buio fa da interprete del suo passato.
sembra un fiore che si nutre d'ogni spiraglio.
ma per cui il tempo divien nemico in ogni sbaglio.

colgo un fiore la cui fuga è sempre incerta.
ma il suo stelo lo rilega all'aria aperta.
di quella terra che dalle tempeste è tormentata.
ma che allo stesso tempo di quell'acqua l'ha innaffiata.

colui che non ha la vista la riacquista col suo bastone.
ma il bastone adesso è perso, è trascinato via dal fiume.
e se sei in viaggio porti sempre con te l'appiglio.
e se osservi cogli l'attimo per correggere l'abbaglio.

cedo allora il mio bastone ad ogni passo.
affinché il cieco riesca a cogliere il calore del proprio raggio.
ma forse il viaggio è troppo intenso e travagliato.
e ad ogni sentiero si fortifica il mio braccio ormai stremato.

da bastone in molte lune t'ho già fatto.
e poi sto attento che il tuo stelo rimanga tutto intatto.
ma è un travaglio di difficile chirurgia.
e solo il tempo e l'accortezza mi restituiranno la cortesia.

ogni anno e ogni giorno più mi invecchio.
e se vado lontano giù nel tempo vedo il fine nello stravecchio.
e ogni tanto di un bel petalo si necessità il mio animo.
come un poeta che con le margherite si diletta in un prato magnanimo.

il tempo è dunque un gran tiranno, e al povero schiavo chiede dazio per ogni suo affanno.
il tempo è anche un mattacchione, perché del povero cuor gentile si prende gioco con grande attenzione.
il tempo è anche un saggio pieno di risposte, che se il viaggiatore non è degno, le rivela senza soste.
il tempo è anche piccolo e indifeso, che se cuore e animo si accendono si tolgono subito del suo gran peso.

già nutri troppo la tua mente.
già nutri molto il tuo corpo.
già nutri poco le tue emozioni.
già tu rifuggi le tue azioni.


"La mano ubbidisce all'intelletto"

sabato 23 giugno 2012

La Danza Onirica - Il Canto della Bellezza Dormiente

Germoglia quel falsetto ben intonato
quando il busto scende giù così stonato,

e poi recupera subito al balzo ogni incertezza
ed il riso ancor certifica l'ebbrezza

come a un fiore il cui stelo si rivolta
guarda il cielo con la vista capovolta

e ogni cinta ed ogni passo chiedon tregua
ed il passante guarda a dio con ogni stregua

ma in ogni fase e in ogni scesa vi è bellezza
sicchè cielo, cinta e grado danzano con gran fierezza

in un circo in cui una stella fa da padrona
e pure il passante cala inchino alla dormigliona,

lei va per sogni, viaggi e dense sensazioni
che di tanto in tanto la separano dalle più semplici attenzioni,

eppur viaggiando tra gli intralci inesistenti
la leggiadria rimane sempre tra i suoi lineamenti

fa da insieme con le grazie già evidenti
giungendosi in un complesso di trame sorridenti

e quel canto il cui falsetto fa da bandiera
divien poesia per chi ode e s'avvede della bella avventuriera,

lei si muove in una danza onironautica
in cui cielo, terra e stelle si celebrano in maniera assai estasiatica

e chi dunque da bastone con gran cura le si avvede
si diletta e si ristora di ciò che le succede

esulta allora ogni senso in lui estasiato
per ciò che ai suoi occhi, con gran dolcezza e meraviglia, vien mostrato

una dama che in cuor suo è una principessa
e la cui danza più sbiadita riflette sempre un'eleganza da leonessa

"chi va con lo zoppo, impara a sviaggiare"


venerdì 22 giugno 2012

Un omaggio al verdognolo Lavoisier

In natura nulla si crea, nulla si distrugge. Tutto si trasforma.
C'è chi potrebbe giurarci in effetti. Ci giurerei io stesso pensandoci bene.
Solo che si tratta di un processo un po' strano da concepire a volte.
Alcune volte si viene infatti ingannati dalla natura più effimera delle cose, che al contrario però diviene proprio quella che più ci resta impressa. E allora sto via vai di creazioni, distruzioni, o meglio.. trasformazioni, passa del tutto in secondo piano.
Eppure, nonostante questo uroboro venga dunque tolto dalla lente illuminata della visione cosciente, questi continua a fare il suo lavoro indisturbato, di continuo. Sempre.
Ci si chiede dunque perchè questa natura più formosa ci attiri in continuazione, molte volte cristallizzandoci al suo interno.
Cos'avrà mai di così speciale o superiore da sovrastare tutte le altre opzioni, tutte le scelte.. tutte le varie possibilità di compiere 1000 trasformazioni e ogni qualvolta risultarne qualcosa di diverso.
Di speciale o superiore non si sa, c'è forse quella strana sensazione di intenso appagamento talvolta, tale da riempirci praticamente in eterno. Un eterno che alla percezione appare davvero tale, ma che talvolta si può compiere semplicemente nel giro di svariati minuti. Il problema è che l'idea eterna percettiva non svanisce solo in quei minuti, ma si trascina poi per ore, giorni, settimane, forse mesi.. magari anni.
E alla lunga diventa un po' una lunga catena che decide delle nostre ore presenti e future, ma appellandosi al passato, senza lasciarci mai guardare al concreto e giusto presente.
Di speciale e superiore c'è che queste perdizioni eterne, fatte di gesti, momenti, luoghi, persone, cose, che appaiono uniche e infinite, tali da potercisi perdere totalmente, sono un po' il pane quotidiano di cui si cibano tutte le nostre menti.
Lo si evince facilmente constatando nella vita di tutti i giorni che ogni individuo ne ha bisogno, ogni individuo se le crea, e ogni individuo vi si perde costantemente. E lo fa in continuazione senza che neanche si renda conto molto spesso.
E' proprio come l'aria che respiriamo, l'acqua che beviamo, il cibo che mangiamo.
Dopo un po' non ci si rende neanche conto del fatto che lo si fa, succede e basta.
E allora penso che sia giusto così in fondo.
Lottiamo tutti per raggiungere qualcosa che si possa poi toccare, e allo stesso tempo quando stiamo per giungervi di volta in volta ci rendiamo conto che non è mai possibile farlo. Ma a quanto pare non impariamo mai la lezione, ci scottiamo e la prossima volta non si esita a rifarlo nuovamente.
Proprio come la falena che gira intorno alla luce, che prima si acceca e dopo addirittura muore. Eppure lei non può farne a meno. La sua vita non avrebbe alcun senso senza.
E allora si, siamo tutti piccole falene che cercano la propria luce.
Il problema è che a volte la cerchiamo solo negli altri.
Il problema è che a volte la cerchiamo solo in noi stessi.
Il problema è che basterebbe solo far circolare entrambe le parti, e compiere questa ricerca un po' dicotomicamente, come un flusso di energia, cose, concetti, idee.. che continuamente entrano ed escono. Si incontrano e si scontrano. E sostanzialmente si ricambiano, generando sempre nuova linfa vitale e tanta freschezza. Anziché ammuffirci.
In fondo tutto ciò ricorda un processo biologico a noi tanto caro e assai famoso.
Anzi è il principale processo biologico della nostra esistenza, pensandoci bene.
E' un po quello che fa quel macchinario che è il cuore, che pompa sangue fresco e ossigenato dall'esterno per rispedirlo al cervello e nutrirlo.. ricevendo in cambio solo merda.
Merda che viene poi puntualmente espulsa fuori.
E il ciclo si ricompie e si ripete, finché morte non ci separi. Che poi in realtà, della "separazione" della morte... se ne potrebbe anche parlare..
Ma non ritengo sia questa la sede adatta.
Il punto è che ciò che a noi appare appuntito, estremo, monodirezionale.. si rivela un qualcosa di ciclico e totalmente lontano da concepire per ciò che è impostato nella nostra mente, e quindi nella nostra cultura, educazione e forse anche qualche parte della nostra genetica.
E' una sorta di meccanismo dinamico in sostanza. Non c'è mai una sola scelta. Non c'è mai un solo ed unico processo. E' sempre un insieme di processi, che si alternano. O magari che si fondono.

Resta allora da capire in che modo queste due dinamiche descritte un po' più su si possano fondere tra loro. In modo da generare una sorta di armonia, un equilibrio.
Questa è forse, per lo meno inizialmente, la parte più complessa del discorso, a dire il vero.
C'è che ognuno di noi ha degli interessi, delle voglie, dei desideri, dei sogni.
Ha, in sostanza, delle cose che attirano, generano molta attenzione.. per lo meno molta più di altre, generano spesso uno scopo, un obiettivo, quindi una dipendenza.
Ciò è facile da concepire. Basta riguardarsi e scorgere facilmente i propri interessi, o i propri idoli. O magari i propri obiettivi, sogni o ambizioni di vita. Ognuno di noi ne ha uno. Ognuno di noi ne ha 100000 minimo.
Sono tutte cose che pregiudicano e allo stesso tempo danno uno scopo alle nostre vite.
Sono cose che a tutti gli effetti danno un senso alle nostre vite.
Se ci si pensa bene, sono cose che spesso ci appaiono essenziali, anche se non lo sono.
Eppure lo sono. Sono così. Lo sono sempre state. E basta.
Lo sono sempre state e lo saranno, molto probabilmente, sempre.
E se allora, visto che non sono così essenziali, si prova a distruggerle queste cose, vien fuori che a quel punto la vita si svuota di ogni senso. E con questo vuoto, se ne va pure il senso principale, cioè quello che ci permette di viverla la vita.
E' come se togli la benzina ad una macchina. Non cammina più.
E, per tornare all'esempio di prima, è come se togli il sangue ad un uomo. Il risultato è ben noto.
E allora queste cose forse non sono così effimere. E allora queste cose sono forse realmente essenziali.
Nonostante poi alla famosa sopracitata analisi approfondita, risultano irraggiungibili o totalmente inutili talvolta. O magari più semplicemente inesistenti, se non nel mondo delle nostre fantasie.

Io penso che in realtà queste cose sono sia le une che le altre.
Sono utili e inutili allo stesso tempo. Dipende solo da cosa si vuole fare nella vita.
E la cosa comica e divertente è che.. ciò che "si vuole fare" dipende da queste cose, nella vita.
Ed ecco che anche qui, nel "macrocosmo", come lo chiamavano delle genti un po' più antiche di me, si ricrea questa sorta di ciclicità. Anche qui nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma. E diciamo che ogni cosa dipende praticamente dall'altra, e così facendo, appunto, si trasforma nell'altra.
E' un continuo scambio.
Quindi si creano obiettivi, si creano scopi, il così tanto ambito senso.. e si distruggono tutti puntualmente ogni giorno.
La differenza è volte si è consapevoli di tutto ciò. A volte, cioè molto spesso, no.
E da qui si generano migliaia di problemi facilmente immaginabili, che stanno poi nella vita di tutti i giorni.
E allora il succo è che molto semplicemente ognuno si crea il senso e lo scopo delle proprie scelte nella vita. Ci sarebbe da puntualizzare, a dire il vero, che molto spesso questo senso e questo scopo non sono creati direttamente dall'individuo, ma.. come dire.. inculcati da una serie di manovre educative, quindi culturali, quindi un po dogmatiche se vogliamo. Ma ciò non toglie che anche queste possano essere estirpate, o meglio modificate secondo i proprio reali canoni. Come a dire di accontentare un po tutti dentro di noi, sia le parti un po' più influenzate della morale (quindi un po più dogmatiche per l'appunto) sia quelle un po più individuali che necessitano semplicemente dei propri spazi.
Come un po' far contenti SuperIo ed Es nello stesso istante, come li definirebbe Freud.
Forse, sempre per prenderla come il vecchio Sigmund, il ruolo dell'Io non è altro che questo.
Mettere pace fra le due parti ogni qualvolta. E devo dire che è una bella responsabilità, ed anche una bella rogna a dire il vero.

La cosa risulta quindi sintetizzabile in questo modo:
vi sono probabilmente molti comportamenti a cui tendiamo, che ci attraggono o che molto più semplicemente ci appagano maggiormente rispetto ad altri, che dipendono in larga misura dal nostro codice genetico. Vi sono alcune parti di questo (i così detti Memi), infatti, che contengono al loro interno vere e proprie strutture di idee comportamentali, concetti, tendenze linguistiche ed anche culturali in poche parole. Queste vengono trasmesse di generazione in generazione, con tutto il pacchetto genetico completo e con tutto ciò che a livello comportamentale ne consegue.
Il ruolo genetico è in poche parole, molto probabilmente, quello che dunque ci fa "tendere" verso quella direzione.
Di conseguenza vien facile concepire come dopo 12 anni (forse anche qualche mese in più se si considera il periodo di formazione nell'utero) di spiegazioni, ordini, regole, concezioni di bene/male, giusto/sbagliato, bello/brutto, e così via.. in cui praticamente noi non esistiamo (quantomeno a livello di coscienza critica, come a dire.. distaccati mentalmente dal contesto che ci circonda) e veniamo in qualche modo plasmati dall'educazione dei nostri genitori, queste credenze, leggi, e di conseguenza poi obiettivi, scopi, sensi di vita, enfatizzino quelle tendenze genetiche innate (che corrisponderanno inevitabilmente a quelle di coloro che ci inculcano i suddetti insegnamenti, visto che anch'esse derivano dai nostri genitori..) e ci portino dunque a scegliere, involontariamente però, le cose da cui dipendere ogni qualvolta. Cose che spesso ci appaiono differenti, ma che in realtà si differiscono solo per forma e non per sostanza dopo attente analisi.
A tutto ciò si aggiunge certamente però la bella e cara coscienza critica, quella che ci distacca, che praticamente ci forma autonomamente. Quella che in sostanza confronta questi bei vecchi e saldi principi e insegnamenti, con quegli altri che si apprendono dai 13, 14 anni in su. Quando si entra a far parte del nuovo mondo, cioè quello reale.
Da qui scoppia il nostro piccolo Big Bang, e si vengono a formare tra miliardi di esplosioni e un immenso caos, lentamente, tutti i piccoli pianeti interiori, con tanto di stelle che ci attirano nel loro campo gravitazionale.
E' una metafora divertente, proprio perchè rispecchia molto fedelmente il tema.

C'è allora che in sostanza ognuno di noi ha un essenziale compito su questa terra.
Io lo definisco il compito artistico che caratterizza ognuno di noi. Ma è solo una mia convenzione, e anche vecchia abitudine (appunto) di mettere l'Arte sopra ogni cosa.
Il punto è che l'Arte, quella con la A maiuscola, non è forse quella dei semplici quadri, disegni o fotografie magari.
Ma è quella che quei signori più "antichi" di me, citati sopra, osavano appunto definire tale.
E' quell'Arte, in sostanza, che sta dentro ognuno di noi. Ma che, per l'appunto, come detto prima, si ciba e si forma da ciò che che circonda ognuno di noi.
E' come se ogni persona fosse nata per uno scopo, leggendola anche secondo tutto quel discorso genetico/culturale/ideologico.
E questo scopo spesso non è chiaro, perchè confuso da tanti conflitti mai risolti e sempre più accavallati tra loro.
Ma in realtà è che certe volte bisogna solo guardare un po' più a fondo e soprattutto in maniera più onesta e comunicativa dentro di noi.
Bisogna un po' più sentire, che pensare; bisogna un po' più pensare, che sentire, talvolta.
Penso che ogni persona abbia uno scopo dentro. Abbia qualcosa che sappia fare bene. Qualsiasi cosa.
Che sia dipingere, lavorare il legno, usare un pc, curare gli altri, conteggiare soldi, pulire i cessi!
Qualsiasi cosa. Ma c'è sempre, in ognuno di noi.
Solo che talvolta è occultata dai discorsi culturali sopracitati. Diciamo anzi che lo è proprio troppo spesso.
Eppure dentro di noi vive sempre questa cosa, a volte la si sente persino quando la si nega nella maniera più assoluta. Solo che in quei casi, subito dopo, vien facile ignorarla.
Penso poi inoltre che ogni persona abbia, come detto, un'obiettivo, uno scopo, un qualcosa che voglia fare.
Un qualcosa che amerebbe o che ami fare da sempre.
Che genera immediato appagamento. Soprattutto a livello intellettivo, e talvolta, appunto, solo ed esclusivamente al pensiero. Figuriamoci all'atto pratico.
Ecco io penso che ognuno di noi abbia quindi una sorta di "talento" innato per qualcosa. E dall'altra parte abbia una voglia matta ed incontenibile di fare qualcos'altro.
A volte il primo è totalmente nascosto, dai 1000 insegnamenti.
A volte il secondo è totalmente deviato dagli stessi, snaturato, cambiato, soppresso.
E allora il trucco è semplice, ma nella sua semplicità assai complesso.
Si tratta solo di combinare entrambe le cose. Di nuovo farle scontrare, poi appacificare, poi agire in maniera dinamica.
Combinarle quindi in maniera armonica, ed infine giungerle in maniera equilibrata.
Così da portarle al punto che qualsiasi cosa si faccia nella vita sia l'insieme di entrambe le parti. Entrambe queste parti che ci guidano, che decidono ogni giorno dei nostri comportamenti.
Svolto questo arduo compito, beh.. non ci resta che rilassarci e perderci nello scorrere inarrestabile delle trasformazioni della vita.

"Fare o non Fare. Non c'è provare."

lunedì 4 giugno 2012

Deus Sol Invictus - Il canto del Risveglio

come un sole invitto
irradia questa mia terra ormai spoglia d'ogni verde
levami tra le tenebre
col tuo sol fare non hai lasciato spazio ad ogni sorta

luce dei tuoi nastri dorati
che come corona dell'astro più splendente
immergono il bagliore nella tua immagine
in una chiarezza senza tempo e senza colpe

è uno sciogliersi di movenze e segni impercettibili
non colpevoli del loro intenso incanto e prestigio,
è un affogare in due soli così intensi
di cui ogni palpito io non so più respirare

l'armonia di una bellezza eterna vi è celata
ogni passo, ogni parola ne è sbiadita
vede il brillare in ogni carezza che vien graffiata
ma nel suo scorrere il silenzio m'affatica.

vieni, vieni da me, oh fonte della vita
oscura il vetro saturo
e lascia solo ogni gesto
ad inebriarmi di voluttà infinita


giovedì 17 maggio 2012

Ænima


e se allora pensi di aver dato tutto quello che potevi e tutto ciò non è ancora bastato,
e se si trattava di tutto quello che volevi,
tutto quello che volevi avere dalla vita,
e questi sen è già andato,
e se allora tutto quello che possiedi non basta per ciò che vuoi,
capisci facilmente che la resa è giunta, e che allora non ha alcun senso continuare a lottare.

Che il niente giunge a te. E si leva tra le tue mani. Questo è il vero fallimento dell'anima.


"Il Bello del Sacro consiste solo nel poter Dissacrare"

domenica 6 maggio 2012

Ego Es

Un alchimista che illumina uno sprovveduto.
Un vecchio saggio che getta l'ancora per un giovane marinaio innamorato.
Un sapiente che occulta il sentiero ad un'anima persa nella gentilezza dei sapori e delle belle sensazioni.

C'è tanto vetro nel mio essere.
L'oscillare, troppo m'affatica.
E in questa giungla ad ogni ramo cerco d'aggrapparmi, per vederlo poi seccare e decomporsi.

E se allora mi rassegno e mi lascio andare all'ebbrezza dei piaceri e dei sentimenti, mi abbandono e mi perdo in lande senza luce ne sentieri.
Divengo schiavo. Schiavo delle abitudini. O Schiavo dei pensieri.

Una vita senza schiavitù non è vita che si rispetti.
Una vita senza dipendenze non da credito alla tossicodipendenza dall'esistenza.
Una vita senza dio comporta l'esser divenuto tale.


"L'uomo erra finché aspira."


lunedì 23 aprile 2012

ἔσχατο - Il canto di Saturno

Voglio attendere un altro pò di tempo.
Voglio far passare un altro pò.
Voglio che la vita mi colpisca.
Voglio mescolare un pò le cose e vedere che accade.
Cosa succede a giocare un pò con dio.
Voglio che dio mi restituisca il senso perduto delle cose.
Quel senso che per me è talmente importante.
Quel senso che per me è fondamentale.
E' fonte di vita vera e propria.
Quel senso che dio m'ha rubato.
Voglio che dio lo faccia nuovamente germogliare dentro di me, dopo avermi derubato di ogni voglia e depredato di ogni scopo e speranza.

Provo grande rabbia dentro.
C'è tanto rancore.
Fuoco.
Delusione.
Voglia di un risarcimento.
Di esser ripagato delle mie fortune, del mio oro luccicante.
Dio me lo deve e io sono qui ad attendere.
E sono pronto a scardinare tutto ciò che compone il suo ordine perfetto delle cose.
Pronto a creare l'inferno e far uscire tutti i demoni dal sottosuolo.
Sono pronto anche a prendere il suo posto.
Distruggere l'intero creato se necessario.

I limiti non sono mai stati un qualcosa di realmente percepito per quelli come me.


Il nichilismo è inseparabile da un grande amore per la vita,
perché un grande amore per la vita è inseparabile da una più che disperata delusione.
Sergio Quinzio, La croce e il nulla, 1984 

mercoledì 28 marzo 2012

Cardiocoma - Il Canto della Terra Rossa

Quasi come al circo recito l'atto che mi porterà alla croce.
Croce dalla quale riuscirò ineluttabilmente ad evadere per scagliarmi e perdermi in un mare di lacrime solforate al miele.
La mia croce sarà la mia fortuna. Sarà ciò che mi donerà la vista, sarà ciò che mi donerà la pace.
Il circo danza intorno a me, ed io quale miglior ballerino eseguo la mia piroetta lercia di quel tanfo di etanolo, il cui odore non è reale all'olfatto poco accorto.
L'odore c'è e si sente e puzza terribilmente, puzza di morte.
La morte si stringe a cerchio e riempie il vaso che innaffia il mio corpo, con la sua linfa dorata.
La sua linfa è secca oramai.
Il colore ha perso ogni forma.
Ciò che forma rimpiange la pace.

Ma la pace è perdizione. Perdita dei sensi. Perdita di ogni senso. Meta per ogni senso comune. Centro di ogni senso vitale.

E questa guerra va vissuta.
Ma come ogni guerra porta con se la falce, e raschia via ogni fil superfluo.
Guerra e pace sono oramai sorelle. Dal legame e il corpo inossidabile.

E il mio atto il ciel confonde e tra le nuvole riesco a danzar.
La mia luce in alto si spegne.
Lascia il posto al buio ballar.
E danziamo danziamo tra le stelle.. affinché la buia luce ci lascia far.
E una danza infinita sarà, in questo cieco mio perir.

Soltanto un gesto riesce a farmi vero. Ma di una verità che subito presto m'offende.
Una verità dimenticata e dai miei occhi offuscata.
Però quel gesto è veritiero, per quanto lo nego e per quanto lo affogo.
Ne Dioniso può conferir parola.
Ne il tempo riesce a scalfire la pietra lanciata.
Solo il sangue concede l'ebbrezza.
L'ebbrezza più pura d'ogni parola.
E non c'è vino che mi tenta e non c'è recita che mi consola.
O regga il confronto a tale chimera.

La mia gola qui si espande, e prende ogni fiato con ardore.
Qui finisce ogni rito di sorta.
La mia resa è presto giunta.
Il mio occhio oscura il sole.
Il Divino chiede il tempio e via scorre sul mio dolore.
"La sanità mentale è piacevole e calma
ma non c'è grandiosità, né vera gioia..
né il dolore terribile che dilania il cuore"

giovedì 15 marzo 2012

Atala - Il canto della Devozione

Nascere per essere devoti.
Non poter esistere senza immolarsi.
Questo è il nostro destino.
Senza questo Sacrificio la vita perde di ogni senso.
Dobbiamo vivere per l'altro.
Il perfetto controllo dei nostri mezzi e della nostra dedizione ci permette di vivere pienamente la realizzazione per l'altro.

Da devoti esistiamo.
Senza devozione non ci è dato, non ci è concesso.
La devozione dona noi il nostro unico Scopo.
Uno Scopo che venga riconosciuto per la sua sacralità.

Se centralizzato, ci permetterà di essere riconosciuti a pieno.
Se decentralizzato, richiederà molto di più.

Ma l'obiettivo resta comunque lo stesso: esistere.
Dimostrare che esistiamo e che ci è dato un senso per esistere.
Dobbiamo compiere ad ogni costo questo assoluto.

Solo così verremo liberati dal peso della nostra esistenza.