mercoledì 11 settembre 2013

Il Manifesto contro la Scienza - Cap. 1: La Scienza come Certezza

La mia intelligenza non mi permette di dar credito a tale teologia denominata Scienza.
Ella giudica come insulto a sé medesima ciò che questa sottospecie di dottrina dogmatica conduce, con totalitaria freddezza, nel suo ossessivo, quanto irrisorio, bisogno incessante di possedere il mondo, di giudicarne le leggi, di ridefinirne, pezzo per pezzo, la storia di ogni fenomeno che per pura fatalità sussegue l'altro, come a voler asserire che ciò che governa lo sciogliersi delle cose possa esser messo a soggetto di tali smancerie, tra le più miserevoli che siano state mai proferite.
Così svolgendosi non giunge ad altro che al concepimento di un nuovo mondo sopra il mondo, che immondo è esso stesso per definizione, costituito da un velo di maya, invisibile quanto irrivelabile, e di questo muoverne le ossa ed estorcerne le leggi, per poi scioglierne i nodi assai intricati, ma che con lo stesso artefizio vengono già dunque costituiti.
Meschina e alquanto altezzosa, allora si estende la superbia assai vanitosa di prevederne eventi e situazioni altresì favorevoli, di aggrapparsi a mere superstizioni probabilistiche, battezzate "attendibili", con l'intento, così come il sussiego, di controllare ogni cosa del mondo stesso, di rinchiudersi in vani stolidi processi che circoscrivano un sapere fatto d'ignoranza e negligenza d'ascolto, ed arroganza conseguente, per ciò che realmente il cosmo muove, e per ciò che esso intinge nel suo crudele e cinico copione, fatto di atti non curanti né suscettibili a qualsivoglia domanda, ma consapevoli del loro intercorrere per esser nient'altro che sé stessi ed esistenti in quanto tali.
Come se l'utilizzo di simile appellativo bastasse a render grazia e giustizia alle più impensabili crociate, utilizzato a garanzia e giustificazione delle stesse, rendendo vane, cieche, infami, tutte le possibili vie che negano dal loro percorso un nome, un termine di così grande imponenza, approvazione, accondiscendenza, od addirittura fede!
Ciò che si evince è in realtà questione di scene, fraseggi, momenti d'azione, che si susseguono l'un l'altro, per permetter al loro io più profondo di non perdersi in labirintiche chimere colme dei sensi più insensati.
L'Uomo di Scienza bensì si copre di velli e pellicce fatte in verità di cataratta generata da chi osa volgersi con gusto alla cecità, e guardare, con occhi di chi non vuol guardare, l'universo e il suo scorrere nei dipinti dai più disparati risvolti.
Egli agisce a caso, e col caos s'accompagna in bisboccia, ed eppure si crede di dipingere col sennò di ciò che or ora avviene, con ciò che è avvenuto e con ciò che s'ha ancora d'avvenire.
Il sennò, se tale si può definire il dolore d'un pazzo che si crede un sano di mente, è poi soltanto quello di "poi", ma che permette al mesto uomo d'incensarsi di credo e credibilità, di cui si ciba la fama e il necessario erigersi a paladino del denaro breve e del potere tale di un popolo che si nomina da sé l'appellativo di solennemente eletto più d'ogni altro.
Non vi è nulla che sia più falso e più meschino di colui che si definisce tale e che tale non è affatto.
Ed è proprio di ciò che il vile Uomo di Scienza si nutre e con ciò innalza i propri castelli, retti da carte camuffate da salde cinte di mura, incapaci di distinguere, ahimè, la più tenue brezza del mattino dal più nero tormento di una bufera in pieno inverno.
Egli si definisce e con ciò difatti erra nella più bieca delle forme possibili, e non contento s'ostina nel definire tutto ciò che, come un avido Re Mida, pone in pasto al proprio tocco.
Egli presto s'accorge che, come l'oro, dell'affrancare non ci si ciba né si nutrono i bollenti spiriti, così come pare a chi di stupefacenti si nutre l'animo o s'affanna, delle più stucchevoli ricchezze, a far provviste.
Ogni essere è per definizione il solo e semplice artefice del proprio destino.
Ma così come egli è, è egli anche altri che di certo lo compongono e che si apprestano, fieri, a compiere già, anch'essi, il proprio stesso destino, di cui, a loro volta, non decidono per certo le loro sorti.
Non vi è nulla di più reale di ciò che si pone dinnanzi allo sguardo e che allo stesso tempo, dopo l'unico istante, svanisce in evanescenti fumi che altro non provocano che annebbiamento alla vista.
Ed egli, il nostro sagace(!) Uomo di Scienza, è di questi, codesti, fumi che nutre il proprio spirito, li inspira nel proprio corpo e da questi, codesti, indi da vita alla più sublime tra le sue creazioni:
la Merda, prodotta dall'enunciazione delle proprie leggi e da cui tutte le creature necessitano assoluta dipendenza.
Ordunque, "padre nostro che sei nei cieli", castiga tutti coloro che si attengono a cotanta sciagura!
Mostra loro il retto canto della tua voce, affinché si illumini in loro la consapevolezza di una tossicodipendenza dall'arroganza che non lascia alcun posto ai più semplici ed essenziali dettami esistenziali.

Dedico questo manifesto a ciò che vi è di più antiscientifico al mondo: il mondo stesso nella propria naturale essenza.
Poiché tutto ciò che è costituito contro la scienza stessa è proprio lo stesso universo che costoro cercano di indagare tramite il metodo sperimentale, o tramite l'occhio scientifico, o tramite le leggi ferree che danno credito ad un esistenza già colma di debiti inoppugnabili.
Poiché se domando loro di raccontarmi, tramite il loro occhio divino e infallibile, come sia possibile concedermi tutte le volte il tanto agognato risultato certo e garantito, o magari la stessa identica previsione, e in tutti i casi possibili (di quella eventuale categoria di eventi di intende), ottengo come risposta il concetto probabilistico di "più o meno attendibile", che affatto rispecchia quella portentosa definizione di esattezza, che poco spinge a favore del infallibile risultato certo, che poco conta per la mente scaltra, priva di affanno e priva di quel debole bisogno fanciullesco di protezione dalla natura essenziale di tutte le cose, consapevole ella (la mente..) della burlesca e triste sorte, riguardante l'inattendibilità di una probabilità che in fin dei conti si riduce al solo, puro, semplice, scevro, risvolto de: o accade, o non accade; ogni qualvolta vi sia un qualsiasi evento a venire.
Ed ogni qualvolta che vi sia un qualsiasi evento a venire, ed in questo si nasconde l'immane stregoneria(!), esso si introduce al nostro umile occhio pigro in forma sempre differente e priva di qualsiasi legame o legittimità d'appartenenza con l'affare che lo precede, o meglio, priva di qualsiasi possibilità di definirvi leggi che esulino il compimento dell'atto puro e solo ch'esso stesso (l'evento..) s'appresti a compiere indisturbatamente.
Evento unico, puro e raro, in tutta la propria bellezza! Quasi fosse un diamante dei più preziosi e ricercati..
Unico e raro in tutta la propria appariscenza, unico e raro per composizione, di eventi e prove sottostanti e che lo compongono, unico e raro poiché l'unico senso che sussegue è il senso che vogliamo noi arbitrariamente attribuirvi e nient'altro, senza alcun bisogno di innalzarlo a verità imprescindibile e divinatoria,
di cui sfarzosa è verosimilmente l'ignoranza che in fin dei conti lo compone, che ne mira le gesta e che ne annunzia il lieto fine.
Il mondo è siffatto di opere che si muovono e che scorrono in un lento e assai veloce fluire di eventi opposti e discordanti, ma che giungono al giusto compimento fintanto che si incontrino in matrimonio, da cui si evolvono risvolti dalle apparenze sinusoidali, ridondanti e costanti nel non essere giammai identiche a sé stesse.
Ecco, diceva egli, il saggio: "Questo è un pugno. Ma che cosa succede quando dischiudiamo la mano? Il pugno scompare."
E dov'è finito? Come fa ad esser scomparso?
Ecco che qui si ammira il prode miraggio scientifico.
Il caro pugno è sempre li, lesto ad essere richiamato al nostro servizio e al suo compito più essenziale:
esser posato in volto a chi si attiene a simili leggende, tali da volgersi ancor meno legittime delle più forzate citazioni favolistiche che la terra possa ancora rimembrare.



"Il vero senza menzogna, è certo e verissimo."