lunedì 14 gennaio 2013

Mater Dei: Il Posto delle Fragole

Questo è il simbolo della mia vita: una panchina vuota e un albero spoglio.

Non curanti dell'inerte ruolo di cui sono rivestiti, passano le loro giornate volgendo lo sguardo verso l'infinito, verso una ricerca che mai avrà fine, perché mai sazia di esperienze.
Qui, sommersi nel verde tramontare del sole, anelano l'infinito, pur consapevoli di non essere nati per raggiungerlo. Consapevoli che non gli è neppure concesso di tentare il minimo movimento.
E restano, dunque, immobili e resistono ad ogni intemperia che la natura gli muova contro, in attesa che qualcuno si sieda e colga l'attimo o che magari doni dell'acqua per dare nuova linfa alle foglie stremate.
In attesa che qualcuno, dopo tante attese, entri in totale empatia con ciò che è per loro il senso dell'esistenza.
Restano qui immobili, per anni, per decenni, per secoli. Nell'estenuante attesa che arrivi la persona giusta a farlo.
Ed è una vita di attese interminabili e di picchi intensi molto brevi.

E quando, allora, il momento giunge trionfante, godono appieno di ogni piccolo attimo che lo rappresenta, così che ogni foglia riassapori la propria linfa a tal punto da perdersi inesorabilmente in essa; così che ogni seduta rappresenti un attimo d'indescrivibile intensità e che renda il senso eterno ed immutabile delle cose, a tal punto da perder il minimo senno con la realtà che li circonda.

E' questo il magico potere di un luogo che ha più la parvenza di un entità viva. Di un entità vera.
E' un luogo che parla, accoglie e ascolta.
E' un luogo che sa Amare.

E' il luogo che racchiude in sé la madre universale, l'amore vero e puro, privo d'ogni male, privo d'ogni forma d'egoismo o amor proprio.
E' l'amore che giunge all'abbandono e al sacrificio estremo per l'altro.
L'amore reale in ogni forma di esistenza, che sa amare la decadenza, la sconfitta e la meschinità altrui.
Riconosce la depravazione, la vigliaccheria e l'umiliazione e che fa di queste una motivazione per esserci e continuare ad amare l'altro.

E la panchina e l'albero lo sanno.
Hanno inteso tutto ciò. Conoscono il gran tesoro.
Hanno provato la Sacra Medicina che nella roccia si nasconde.
E di questa con gelosia e cupidigia nascondono il segreto.

Io mi sento eletto a goder di questo luogo e di poterne fare largo uso con grande voluttà.
Ho carpito l'essenza regale che qui vi aleggia ben mascherata.
E di questa non ho più potuto fare a meno.

La mia vita è dunque in questo simbolo.
Il suo manifestarsi rende un Senso alla mia esistenza.
E di questo allora ho deciso di nutrirmi e di alimentare le mie risorse.
Questo simbolo è spesso lontano e lo ricerco nel mio viaggio di conoscenza nell'estendersi dell'universo.
Ma soltanto qui lo trovo e lo sento palpitare con forza tra le mie costole.

E allora mi siedo un attimo, mi lascio mordere dalle formiche e contemplo l'ingiallire dell'autunno che strappa ai rami l'ultima speranza. Poiché è la stessa speranza che scorre in me in quell'istante.




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