venerdì 31 gennaio 2014

La Strategia del Ragno

Sai essere la più affascinante tra le creature.
Piccola, molle, esile,
dalla sagacità impressionante;
la tua andatura porta dentro
l'orgoglio di un re decadente,
accogli le tue prede
in una connessione concupiscente,
le avvolgi tra le tue tele
fatte di un'indole penetrante:
sei disarmante.
Di quel fascino
fai arma asfissiante,
che augura la pena più rodente
ad ogni sensibile creatura,
la quale, di malia e bramosia pura,
vi si tortura insistentemente.

Di quella grazia sei sferzante,
per chi dona l'occhio
alla tua sensibile natura,
quella grazia disorientante
per chi è accolto, dal destino, alla tua ineffabile altura.
Eppure appena un passo
e la tua rete collide su se stessa.
Un destino triste, infausto,
che lega al filo tenue
persino la tua testa.
Sottile l'ironia
sancita dalla vita:
la propria vigoria
in cambio delle tue preziose gesta.
Permane confusione,
d'un'intensa disillusione,
e le rovine
di quel regno di tessiture effervescenti,
ma dalle fenditure incredibilmente resistenti,
che d'ora in poi soltanto rammendano
i vecchi tempi.

E non v'è che leggerezza
nel perdersi tra le tue corde,
fatte di una bellezza
che rende l'animo concorde,
reso fluido dall'accortezza
di metter luce della propria sorte
e del concedersi l'efferatezza
d'abbandonarsi ad una dolce morte.
E il tuo abbraccio è una discesa agli inferi,
dove le spire si contorcono
tra i fuochi oscuri dei piaceri più infimi,
dove la fiamma bruna brucia un legno ardente
e dove l'anima candida di un forte desiderio s'accende.

Ma colui che è cieco alla vista non s'arrende,
non s'incanta alle tue omelie,
non s'avvede della tua dolcezza,
non si impegna nelle tue preziose vie,
né si cura della sua accortezza,
anzi la occlude nella sua interezza.
Egli si fa corazza,
talvolta vi si perde, talvolta poi vi si spiazza.
Talvolta egli la teme,
e rifugge ogni conquista,
che costi a lui l'incontro
con la sua stessa vista:
così dunque egli si crede
d'aver fatto gran provvista.
Così egli si avvince
d'aver compiuto le immani gesta.
Egli, ahimè stolto, ha perduto la più dolce squisitezza:
ha dato il triste annuncio
del mai concedersi alla propria testa.
Da sé s'è fatto cieco.
Ha occluso con le proprie mani
i pochi lumi che la vita gli ha concesso.
Egli non vede tal splendore
attorno al proprio capo circonflesso,
un erigersi a corona
di fasci e tessiture,
che riavvolgono le velature
di infinite coloriture
altrimenti disperse nei meandri
delle più labirintiche fioriture.
Una culla, in un fascio di filamenti e tessuti intensi,
fatta di un calore primordiale,
di una rete così tesa e resistente
da esser curva pure per cogliervi la mente.
Del cieco ti ravvedi, incantevole creatura,
per ciò che lascia il segno
della sua misera disinvoltura,
un povero gesto atavico,
d'una violenza ed una premura
del calore più barbarico,
della più breve caratura.
Le tue reti non hanno cure
per il cieco e le sue dittature.
Le tue reti bensì si annodano in intricate connessure
per chi si avvede,
per chi si attiene,
dell'accortezza delle tue fatture,
per chi si ferma,
per chi si intrattiene,
tra le tue tele in cerca d'avventure.

E chi dolce dunque resta
ad appigliarsi tra le trame della tua testa,
egli, si avvede presto in festa
d'aver giocato le proprie gesta
e d'essersi impigliato
in un'intricata cesta,
cui ogni filo che la rammenda minuziosamente attesta
i più sfarzosi intrecci
delle veritiere e folte scanalature,
dei lati più nascosti e delle più recondite paure,
dei più temuti incesti,
dell'invisibile e di tutti i suoi doveri più molesti.
L'immersione in un cumulo di paure
che non fosse per le tese e resistenti tele,
getterebbero l'animo solitario in un oblio di catene e incessabili torture.

Ecco dunque la bellezza
della verità cupa ed inconfessa,
dell'inconscio e della sua ombrosa natura,
e di un'anima rinvigorita
in una più lucente fioritura.
Ecco dunque la brillantezza
che porta in Sé tutta la consapevolezza
della minuziosa opera pura,
attuata a lungo e con gran cura
dall'abile stratega,
nella sua Arte Regia della più pregevole fattura,
vissuta sopra ogni passo,
nella gran tela dalla collettiva struttura
di un universo di cui ogni intarsio
è un tassello della più primitiva natura
dell'anima e della sua corrispettiva controfigura
e a spese di tutto il collasso
della propria interna architettura,
di cui lo spirito regge il passo nella più nobile disinvoltura.



Nessun commento:

Posta un commento