venerdì 2 maggio 2014

Il Cammino, Tutte le Volte

Oh, è questa la calda sensazione che mi piace provare,
all'imbrunire,
quando le nuvole s'addensano,
creando una morbida e soffice nebbiolina,
flebile e calda,
abbastanza da sentire le proprie membra accalorarsi,
come un abbraccio, rassicurante,
in memoria di un'atavica sensazione primordiale,
che rimarca la sicurezza intima dell'involucro materno.
E il sole le sovrasta,
e porta il lume laddove le remote e scure depressioni
affossano il terreno,
e lo rendono cupo, ricurvo
e preso dall'intento d'affogarsi tra le proprie colpe,
arrendevoli, invece, adesso che la luce le ha scovate nel profondo,
sorprese, oramai dunque,
ad ammettere la perversa ingordigia
rivenuta nel trastullarsi del proprio mondo.
L'aria si fa limpida,
inalo un respiro che ristora le anime danzanti sui cieli rasserenati
dall'intiepidirsi dei cocenti afflussi, portati dal sole,
di cui esse li sorvolano,
e si rincorrono in cerca delle primizie che le correnti di primavera
s'apprestano ad offrirgli in grembo.
E poi i canti.. Che da tutt'altri mondi inneggiano,
d'ogni luogo,
alla più serena convivenza,
tra le melodie dissonanti deturpate da quei mezzi
che impuri
corteggiano questo intenso paradiso terrestre,
in cui ogni festa,
sia essa pura o ricolma di peccato,
trova luogo in un'armoniosa sorte,
che coinvolge già tutti gli orchestranti,
intenti, ognun per proprio conto,
a raggiungere il luogo prestabilito,
consci di dover adempiere al proprio compito,
ognuno col proprio mestiere,
affinché ogni giorno possa sempre erigersi
come quello più dorato.
Io m'immergo in un tepore
che fa brezza dall'interno,
e che calma il corso delle acque delle sorgenti,
che fino ad allora, si spingevano con insolenza,
miscelando i proprio flussi ardenti, in una più profonda disillusione,
dipingendo l'intero corso
d'un nero rattrappito, coagulato,
rappreso in grumi di turpitudine decadente.
Il calore spegne il soffio dei venti
che da un capo all'altro
respingevano, come per gioco,
i miei brividi di lamento.
Giungo allora al centro del mio viaggio.
Poi mi siedo, sul punto esatto in cui ho sempre inclinato il corpo,
e mi perdo tra le danze ammaestrate per l'occasione
dai primissimi messaggeri alati delle correnti di primavera,
coloro che mai si poggiano per intero sulla propria terra
sfrecciano in apoteosi per la più importante celebrazione
che rasserena tutto il corpo,
e lo dirige verso un tempo che al qualsivoglia incontro aveva chiuso i propri battenti.
Le emozioni sono lì congelate, in un luogo fermato nel tempo ed occluso dal tempo.
E d'esso soltanto preferiscon proferir parola, sovente, quando il tempo si fa buono.
Da lì, incalzano discorsi
da cui perdersi per strade assai profonde
è cosa molto facile.
Ed io solitario parto
ed in armoniosa compagnia finisco poi per ritrovarmi,
in un cammino gioioso
di cui m'affretto tutte le volte a raccontarti,
quello di una più serena madre
pronta a render grazia ad ogni tua parola mai davvero portentosa.
È questo il fortunato destino
a cui lego con fervore ogni mia parte,
e dal quale, con equilibrio,
mi presto a conservarne ogni più piccola delicatezza,
pronto a concederne,
a chi con un gesto ritrovi il proprio posto,
col cuore, ogni singolo istante,
anche se di un posto lasciato in passato
è pur sempre quello di cui si parla,
in un luogo, che definir magia,
è pur soltanto fiato sprecato.



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